Sono falchi saker e di origine italiana, provenienti dalla Toscana. In origine dovevano essere due maschi perché erano entrambi di taglia piccola (nei rapaci il maschio è sempre più piccolo della femmina). Avevo deciso di chiamarli Brunello e Morellino in onore dei due famosi vini toscani, ma alla fine si è scoperto che uno dei due era una femmina e Bruno è diventato Bruna. La loro storia è molto particolare perché, a differenza dello Scirocco, sono imprintati (che in termini tecnici significa allevati dall'uomo). Sono andata a prenderli alla fine delle vacanze estive e avevano solo una ventina di giorni ciascuno, in pratica due piume soffici. Questa fase è molto importante per la crescita di un rapace, sia dal punto di vista mentale che fisico, perché è qui che vengono esposti alla vita quotidiana. Se il processo di imprinting viene eseguito correttamente, si otterrà un falco impavido e fisicamente forte. Dopo questa fase dovranno maturare e acquisire esperienza ed è a questo punto che ho deciso di tenerli liberi.
Questo processo in falconeria si chiama "hacking": al falco viene data totale libertà con un piccolo gps installato sul dorso. Ho trovato un campo con alcune case intorno e qui ho creato quello che in natura è l'equivalente di un nido, che in questo caso era la mia auto.
Per i primi nove giorni di permanenza al campo ho dovuto stare con loro fino a 12 ore, perché non volavano ancora e il rischio che altri predatori potessero far loro del male era molto alto. In seguito, prendendo coraggio, hanno fatto il loro primo volo maldestro, prima Lino e poi Bruna dopo 7 giorni (lei è ancora pigra). Lentamente hanno iniziato a prendere fiducia, esplorando sempre più lontano dal loro territorio. Controllavo ogni spostamento con il GPS e andavo regolarmente al nido tre volte al giorno per portare cibo fresco.
Lo stress era alto, ma la soddisfazione di vederli liberi tutto il giorno era grande. Trascorrevano la maggior parte della giornata al fresco degli alberi e di tanto in tanto cambiavano albero, aspettandomi come un orologio per il loro pasto. Se tardavo e avevo troppa fame, venivano ad appollaiarsi sulla mia testa, implorando cibo. Questo processo di solito dura circa un mese. Significa che dopo questo periodo c'è il rischio che il falco se ne vada, perché è quello che farebbe in natura. Raggiungono la maturità e l'indipendenza e i genitori li spingono a trovare un nuovo territorio di caccia.
Ovviamente, data la mia natura avventurosa, decisi di non pormi limiti, spingendomi sempre più in là. E fu qui che iniziò l'avventura: Il cinquantesimo giorno di libertà sono arrivato come ogni mattina al campo in orario per dar loro da mangiare ma Lino non c'era, ho dato da mangiare a Bruna che mi aspettava lì e ho acceso il gps per controllare: nessuna connessione.
Il segnale era scomparso e dell'uccello nessuna traccia. La mia testa cominciò a dirmi di tutto... l'avevano rubato, l'avevano investito e avevano distrutto il GPS, insomma, tutto. Passai l'intera giornata così, cercando di ottenere il minimo segnale, ma niente. Dopo l'intera giornata fuori, alle 19 sono tornato al campo e Bruna era lì, ma del fratello nessuna traccia. Sono tornato a casa un po' sconsolato e verso le 1945 ho riacceso il gps. A questo punto ho ricevuto due notizie: una buona e una cattiva. La buona era che avevo di nuovo il segnale GPS, la cattiva era che Lino aveva iniziato la migrazione ed era in Belgio.
Ho dovuto preparare in fretta l'auto con tutto il necessario per sopravvivere per qualche giorno e alle 22 ho lasciato Basilea per un viaggio durato cinque ore, il falco aveva percorso quasi 300 km in un solo giorno e si trovava in mezzo al nulla in una foresta belga. Ho potuto riposare per qualche ora in quello che sembrava un film dell'orrore, tutto buio nella foresta sono rimasto con un occhio chiuso e l'altro aperto fino all'alba. Alle 5.30 del mattino
Mi sono svegliata e pioveva a dirotto. Il mio cane (Django), che è sempre con me, è scomparso per venti minuti. Nel frattempo ho acceso il gps e ho pregato che la carica del gps fosse ancora decente. Così ho iniziato a cercarlo e finalmente verso le 9.30 sono riuscito a recuperarlo..... che avventura! Mi sono diretto al primo bar per bere un litro di caffè e sono ripartito verso casa.
Sicuro di aver recuperato il falco, mi aspettavano cinque ore di viaggio, ma non sapevo ancora cosa mi avrebbe aspettato al mio ritorno. Dopo aver guidato tutto il giorno, sono arrivato a casa verso le 15.00, esausto. Mi sono precipitata al campo per andare a dare da mangiare a Bruna, pensando che mi sarebbe rimasta in testa perché aveva saltato la colazione quella mattina, e quando sono arrivata... non c'era...
Con il cuore in gola ho aperto il GPS per controllare la posizione e anche lei era partita per una migrazione, un giorno dopo suo fratello. Per fortuna erano solo 60 km. Sono risalito in macchina e ho ripreso a guidare e un'ora e mezza dopo ero sotto l'albero e lei mi aspettava famelica. Il tempo era così brutto che temevo di essere fulminato da un momento all'altro.
Stavo imprecando in tutte le lingue che conosco. Fortunatamente Bruna tornò subito, io mi precipitai in macchina e iniziò l'epica tempesta. E così finì questa incredibile avventura durata due mesi. Poi è iniziato il classico addestramento e ora Bruna e Lino vivono e volano insieme e sono inseparabili. Ho dimenticato di raccontarvi un piccolo aneddoto.
Durante il periodo di libertà ho ricevuto una telefonata dalla polizia ranger. Buongiorno signore, lei è il signor Cilluffo Simone? Io: sì Polizia: I falchi liberi nel campo vicino alla chiesa sono suoi? Io: sì (anche se avrei voluto rispondere diversamente) Polizia: hanno attaccato il postwoman.... Non riuscivo ancora a crederci, non so esattamente cosa sia successo, ma la postina mi è sempre sembrata in buona forma, quindi presumo che si siano posati anche sulla sua testa e che abbiano chiesto cibo.